Che rumore fa la felicità?
Tutti conosciamo qualcosa della felicità anche se è difficile riuscire a raccontarla a parole. Quello che sappiamo è che quando siamo felici, i pensieri e il mondo intorno a noi ci appaiono più belli. Quando siamo felici ci sentiamo vivi, pieni, appagati. Sentiamo di essere nel posto giusto al momento giusto e la realtà sembra proprio su misura per noi. Quando siamo felici abbiamo fiducia nel presente e nel futuro, abbiamo voglia di trascinare gli altri nella nostra felicità, desideriamo essere insieme.
“La felicità è reale solo se condivisa” realizzava il protagonista del film “Into the wild”, al termine del suo avventuroso viaggio nelle terre selvagge e sconfinate dell’Alaska. E in effetti, anche se la felicità è un’idea e uno stato dell’essere pienamente soggettivo, essa sembra avere bisogno di condivisione per poter acquistare significato. Ha bisogno di uno specchio, di un grandangolo che le permetta di essere riconosciuta e raccontata. La felicità è una storia, una prospettiva, una scelta consapevole di essere al mondo.
Come si fa ad essere felici? Una cattiva e una buona notizia.
La cattiva notizia è che nonostante i mille spot che promettono di svelarci i segreti della felicità, o di insegnarci come essere felici, non esistono ricette per la felicità. Non basta essere positivi, proattivi, grati, ricchi per essere felici. Si può avere tutto, eppure non essere felici.
La buona notizia è che il nostro cervello è chimicamente e fisiologicamente attrezzato per sperimentare la felicità. Siamo dotati di un patrimonio emotivo che si è conservato e raffinato nel corso dell’evoluzione, garantendo la sopravvivenza della nostra specie. Ognuna delle emozioni che proviamo ha un preciso significato biologico e sociale. La rabbia difende la nostra individualità; la paura ci permette di affrontare con consapevolezza i pericoli; il disgusto, ci salva da tutto ciò che è nocivo; la tristezza, ci consente di recuperare le forze dopo un fallimento, un allontanamento o una perdita; la sorpresa, ci prepara alla novità; e la gioia orienta i nostri obiettivi e ci spinge ad avvicinarci agli altri.
Conoscere il significato biologico e sociale che ha permesso alle emozioni di attraversare indenni migliaia di anni di processi evolutivi è importante, perché ci rivela che ogni risposta emotiva ha un valore adattivo. Ogni emozione è utile e necessaria alla sopravvivenza e alla felicità. In quest’ottica non esistono emozioni buone ed emozioni cattive ma tutte hanno una loro dignità. Bisogna imparare a riconoscerle, a non confonderle o rinnegarle, ma anzi ad accettarle e a lasciare che ci parlino di noi e degli altri.
Il tentativo di sopprimere i pensieri, le emozioni e i sentimenti negativi si è dimostrato essere inefficace, anzi controproducente. Rinnegare le emozioni dolorose, non dar loro spazio e nasconderle con un sorriso forzato e un pensiero positivo superficiale è come privarci di una parte importantissima di ciò che siamo.
La nostra vita psichica e relazionale non segue la logica razionale ma è caratterizzata dal paradosso, dal disordine e dalla complessità. Essere felici significa riuscire a comprendere, elaborare ed utilizzare in modo funzionale le informazioni che ogni emozione è in grado di portare alla luce. La felicità si scrive attraverso cose semplici e stati d’animo complessi.
Che rumore ha la felicità? Decidetelo voi…