“FUMARE NON FA POI COSÌ MALE”: QUANDO LA MENTE CI INGANNA

“Il fumo di sigaretta è la più grande minaccia per la salute nella Regione Europea.”

Organizzazione Mondiale della Sanità

 

Oggi, in tutto il mondo, si celebra il World No Tobacco Day, una giornata istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per sensibilizzare la popolazione sui rischi associati al fumo.
L’American Cancer Society ha elencato 10 buoni motivi per smettere di fumare:

  • Entro 20 minuti: si normalizza la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la temperatura di mani e piedi.
  • Entro 8 ore: si abbassa il livello di anidride carbonica nel sangue e si normalizza il livello di ossigeno nel sangue.
  • Entro 24 ore: diminuisce il rischio di attacco cardiaco
  • Entro 48 ore: iniziano a ricrescere le terminazioni nervose, migliorano i sensi dell’olfatto e del gusto.
  • Entro 72 ore: si rilassano i bronchi, migliora il respiro e aumenta la capacità polmonare.
  • Da 2 settimane a 3 mesi: migliora la circolazione e camminare diventa sempre meno faticoso
  • Da 3 a 9 mesi: diminuiscono affaticamento, respiro corto, e altri sintomi come la tosse e aumenta il livello generale di energia.
  • Entro 5 anni: la mortalità da tumore polmonare per il fumatore medio (un pacchetto di sigarette al giorno) scende da 137 per centomila persone a 72.
  • Entro 10 anni: le cellule precancerose vengono rimpiazzate, diminuisce il rischio di altri tumori (alla bocca, alla laringe, all’esofago, alla vescica, ai reni e al pancreas).
  • Dopo 10 anni: la mortalità da tumore polmonare scende a 12 per centomila che é la normalità; praticamente il rischio di decesso per tumore polmonare è paragonabile a quello di una persona che non ha mai fumato.

Che il fumo sia dannoso per la salute ormai è cosa certa. E allora perché continuiamo a fumare?

La dipendenza da nicotina è un fenomeno articolato. Oltre a meccanismi prettamente biochimici (la nicotina agisce su alcuni recettori del sistema nervoso centrale) vengono coinvolti anche aspetti emotivi e cognitivi complessi connessi alla percezione del rischio.

Gli studi sul comportamento umano, e in particolare le ricerche che hanno indagato cosa accade nella mente delle persone quando devono prendere una decisione, ci aiutano a capire perché non basta sapere razionalmente che un certo comportamento è pericoloso per evitare di metterlo in atto.

Decidere se fare o non fare qualcosa è un processo che chiama in causa almeno 3 fattori: la motivazione, il senso di autoefficacia e la percezione del rischio.

La mente di tutti gli esseri umani funziona sulla base dell’attività di due diversi sistemi di pensiero e valutazione: uno razionale e uno più intuitivo. Il sistema razionale è affidabile ma lento, richiede un impegno cognitivo importante e viene utilizzato per lo più nella presa di decisioni complesse. Il sistema intuitivo è più rapido ma meno affidabile, funziona in modo automatico e viene utilizzato per scelte quotidiane.

Il pensiero intuitivo consente di prendere decisioni rapide basandosi su alcune – poche – scorciatoie mentali piuttosto che su più articolate valutazioni razionali. Queste scorciatoie mentali, chiamate Euristiche, rappresentano un’eredità cognitiva dei nostri antenati preistorici. Ai tempi dell’Homo Sapiens, bisognava agire rapidamente per garantirsi la sopravvivenza perché la pericolosità del contesto non permetteva di fermarsi a pensare alle strategie migliori per raggiungere un certo scopo.

Oggi le Euristiche non sono più un elemento centrale per la sopravvivenza della specie ma continuano ad agire, visceralmente, nei comportamenti umani con una funziona che spesso viene chiamata “intuizione”. Quante volte decidiamo davvero sulla base di un’analisi razionale degli elementi del contesto e quante invece sulla base dell’intuizione?

Anche quando crediamo di agire in modo razionale, spesso non ci rendiamo conto che ci sono elementi irrazionali che influenzano le nostre scelte.

L’intuizione è una modalità di valutazione efficiente dal punto di vista del risparmio delle risorse cognitive e spesso ci consente di compiere scelte efficaci. In alcuni casi, però, questa modalità di pensiero automatica può inficiare la qualità della rappresentazione che ci facciamo della realtà e in particolare la percezione del rischio.

 

E allora quali sono gli errori di percezione che influenzano le nostre decisioni in tema di salute? Cos’è che non ci fa smettere di fumare anche se sappiamo benissimo che il fumo causa il cancro ai polmoni? Perché continuiamo a fumare vicino ai bambini pur conoscendo quali sono i danni del fumo passivo?

E’ colpa dei bias cognitivi. Tra questi, nei tabagisti sono frequenti le seguenti distorsioni della percezione del rischio legato al fumo:

  • Bias di conferma: ci piace essere d’accordo con chi è d’accordo con noi. Ecco perché tendiamo a fare riferimento solo alle prospettive che sostengono i nostri punti di vista preesistenti e ad ignorare o rifiutare i commenti – seppur validi- che minacciano la nostra visione del mondo. E allora, se io credo che il fumo non fa poi così male, terrò a mente e mi confronterò solo con informazioni che sostengono quest’idea, respingendo o ignorando i dati di realtà.
  • Negligenza di probabilità: Il tabacco provoca più decessi di alcol, droghe, aids, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Eppure sicuramente avremo più paura di rimanere uccisi in un attacco terroristico, invece che da qualcosa di molto più probabile, come il cancro ai polmoni causato dal fumo. Quest’incapacità di comprendere correttamente il giusto senso del pericolo e del rischio, spesso ci porta a sopravvalutare i rischi di attività relativamente innocue, mentre ci fa sottovalutare quelle più pericolose.
  • Bias di sopravvivenza: la tendenza a considerare le persone che sono sopravvissute a un evento come rappresentative del rischio, ignorando le altre.
  • Euristica della disponibilità: le persone tendono a sovrastimare quelle informazioni che sono loro disponibili o che riguardano una cerchia ristretta di persone “vicine”. “Tutti i miei amici fumano, eppure nessuno di loro si è ammalato”.
  • Onset time delaying effect: i fumatori ritengono che i danni causati dal fumo non siano così immediati.

Smettere di fumare è possibile, il desiderio impellente della sigaretta dura solo pochi minuti e i sintomi dell’astinenza si attenuano già nella prima settimana. Se non riesci a smettere da solo, consulta una specialista.

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